Enrico Janin - La monetazione preromana nell'Italia settentrionale - Centro Galliera - Mar.1982


La monetazione preromana nell'Italia settentrionale

Quanto segue riporta alcune notizie-base sull'argomento di cui al titolo, raccontate da chi scrive durante una conferenza tenutasi il 29 marzo 1982 presso il Centro Culturale franco-italiano Galliera, a Genova, alla presenza (anzi con l'introduzione) del mio compianto maestro di numismatica Dott. Giovanni Pesce.

Il dare questa notizia sulla monetazione preromana dell'Italia settentrionale mi obbliga anzitutto a ricordare il maggior studioso in merito e mio caro amico, il Dott. Andrea Pautasso di Torino.

Si tratta in effetti di un argomento numismatico che mi appassiona moltissimo, certo perché la monetazione preromana dell'Italia settentrionale, detta anche monetazione padana (termine equivalente e forse più comodo, che userò spesso) è, indubbiamente, la prima monetazione dell'Italia settentrionale. Ciò a parte il fatto che personalmente nei miei interessi culturali, sono sempre stato affascinato dalla parte antica, o meglio dalla parte più antica degli stessi.

Infatti, quando collezionavo francobolli, erano le prime emissioni del Regno d'Italia; nel campo delle monete genovesi prediligo quelle relative al primo periodo dei attività della zecca di Genova; in archeologia sono affascinato dal periodo preistorico. Era inevitabile, evidentemente, che mi piacessero quelle che sono le prime monete dell'Italia settentrionale.

Nello studio del periodo protostorico dell'Italia settentrionale la numismatica ha apportato indubbiamente uno dei più considerevoli contributi sia agli studi archeologici che alla conoscenza dell'influenza gallica e celtica nelle regioni cisalpine. Ciò è dovuto principalmente ad una ricerca sistematica, condotta per oltre un trentennio dal Dott. Pautasso nei musei italiani, francesi, svizzeri etc. e presso molte collezioni private, nonché lo studio dei rapporti tra i vari ritrovamenti costituiti dai cosiddetti "tesoretti" di queste monete (che sono più di novanta) che ha permesso di scoprire l'esistenza nell'Italia settentrionale di un fenomeno monetario preromano locale di notevole ampiezza, durato più di tre secoli dal IV al I secolo a.C.

Non si tratta, sia ben chiaro, semplicemente di monete che circolarono nell'Italia settentrionale, bensì di monete battute nella stessa zona da parte delle popolazioni che vi abitavano, circa un secolo dopo la grande migrazione gallica in Italia, avvenuta verso la fine del V sec. a.C.

Tale monetazione costituisce il numerario di queste regioni fino alla loro incorporazione nell'organizzazione romana, mirabile fin che si vuole, ma che certo non aveva scrupoli quando si trattava di cancellare tutto ciò che costituiva l'ordine locale preesistente. Dopo una certa coesistenza col numerario romano, la monetazione padana sopravvive ancora, ma solo come uso rituale di suppellettile funeraria, rivelando un particolare attaccamento alla tradizione locale.

La monetazione preromana della zona padana non ha - sia ben chiaro - particolari pregi artistici (come ad esempio buona parte della monetazione della Grecia, della Magna Grecia e della Sicilia) e sorge autonomamente in diverse zone dell'Italia settentrionale, con l'intento pratico di creare un concreto e valido mezzo di scambio, imitando la dramma di Massalia, l'odierna Marsiglia.

Per vedere come si è giunti a questo, occorre perciò parlare prima della monetazione massaliota.

Marsiglia, colonia focese fondata dai coloni della Ionia intorno al 600 a.C. divenne in breve tempo il più importante centro commerciale della costa del Mediterraneo occidentale e dei territori circostanti.

Ciò portò abbastanza presto, e cioè nel V secolo a.C., alla necessità di battere moneta, la quale è chiaramente derivata dalla monetazione della Magna Grecia e della Sicilia. Vedremo come, almeno per quanto riguarda le dramme marsigliesi, che sono quelle che più ci interessano.

Decadramma di Siracusa
Foto n.1 Decadramma di Siracusa

Osservate questa fotografia. Essa ci mostra il diritto di una delle più celebri monete antiche, il famoso decadramma, opera dell'artista Evainetos, coniato a Siracusa per ricordare la vittoria riportata nel 413 a.C. sugli Ateniesi che avevano tentato la conquista della città. Sul diritto, qui riprodotto, essa ci mostra la bellissima testa della ninfa Aretusa, servita da modello nei secoli a moltissimi artisti: ricordiamo solo, per esempio, la bella serie di francobolli italiani di posta ordinaria, in uso fino a poco tempo fa, detta appunto "Siracusana".

Dall'effigie ora vista derivano le teste femminili riprodotte al diritto dei tetradrammi di Cephaloedium (Cefalù) e di Panormus (Palermo), ad essa molto simili.

A queste si ispira infine la testa di donna volta a destra, cinta di fronde d'olivo, con lunghi orecchini a tre pendenti e collana di perle, raffigurante Diana Efesina, che compare sulle dramme di Massalia.

Dramma di Massalia
Foto n.2 Dramma di Massalia
Leoni nelle monete di Velia e Massalia
Foto n.3 Leoni nelle monete di Velia e Massalia

Le fronde d'ulivo pare siano a ricordo dell'introduzione nella zona di Massalia della cultura di questa pianta, portatavi da coloni greci provenienti appunto dalla regione di Efeso.

Sul rovescio delle due dramme di Massalia noterete che oltre alle diciture in lettere greche MAΣΣA (o MAΣΣAΛIHTΩN) è riprodotto un leone andante volto a destra. Anche qui c'è la derivazione numismatica: il leone è ripreso da quello riprodotto sui didrammi di Velia, colonia greca dell'Italia meridionale, presso Paestum, alleata di Marsiglia.

Abbiamo così visto le dramme di Massalia e la loro origine. Tralasciamo il resto della monetazione massaliota, per non andare fuori tema. Tutte le monete cui si riferisce questo scritto sono d'argento, di lega più o meno buona.

Per chi non lo ricordasse, occorre anche una precisazione sul significato di "obolo" e di "dramma" perché incontreremo anche, e parecchio, oboli oltre che dramme.

Prima dell'introduzione negli scambi commerciali della moneta vera e propria, ma quando già era stata superata la fase dl baratto, era invalsa l'abitudine di usare come mezzi intermedi di scambio oggetti di utilità comune. Molto usati a questo scopo nel mondo greco erano gli spiedi detti "obelói" da cui il nome "obolo". Dramma era detto il fascio di spiedi che stava in una mano (in genere sei). Dramma divenne il nome dell'unità monetaria base per l'area greca, e obolo quello della sua frazione.

Per quanto riguarda la cronologia delle dramme marsigliesi e padane da recenti studi su fonti ritrovate dalla Prof. Brenot, pare che la dramma di Marsiglia sia stata coniata prima del 390 a.C.

Poco dopo Marsiglia inviò aiuti navali alla lega italiota, e precisamente all'alleata Velia contro Siracusa, e le truppe marsigliesi comprendevano dei mercenari liguri.

Dopo la campagna militare costoro tornarono nell'Italia settentrionale col soldo ricevuto da Marsiglia, che li pagò con dramme marsigliesi che sarebbero servite come riferimento per la monetazione locale - iniziata subito dopo - cioè la dramma padana, che non sarebbe stata coniata verso la fine del III secolo a. C., bensì verso la metà del IV secolo. Ciò mi venne comunicato per telefono dal Dott. Pautasso il 4 gennaio 1984.

Fermo restando questo, le monetazioni padane si presentano fin dall'inizio come fenomeni ben distinti e geograficamente ben divisibili in gruppi. Sempre seguendo la suddivisione proposta da Pautasso, si ha dapprima il gruppo ligure - piemontese cioè quello geograficamente più vicino a Massalia, poi quello che potremmo definire della Lombardia est, nel territorio occupato dai Galli Cenomani, poi quello della Lombardia ovest, cioè nella zona dei Galli Insubri, poi il gruppo veneto (zona ad est dell'Adige) e infine quello dell'area Leponzia, a sud delle Alpi Lepontine, fra il Lago Maggiore e il Lago di Como, gruppo caratterizzato da scritte in caratteri nord - etruschi in uso nella zona.

Cinque gruppi, quindi, che ci mostrano altrettante varietà di linguaggio figurativo ma identità di soggetto tipologico: anche se si parla di stilizzazione e degenerazione, il soggetto rimane lo stesso.

E in ciò sta la sostanziale differenza con la monetazione gallica o meglio celtica, nella quale la variazione e la stilizzazione esasperata rispetto al tipo originario avvengono con notevole rapidità, e portano a raffigurazioni simboliche che sono di interpretazione parecchi difficile anche se proprio per questo interessantissime e affascinanti.

Le dramme padane sono monete d'argento, almeno inizialmente di discreta lega (oltre i 600 millesimi), di diametro variabile ma inferiore ai 15 millimetri, del peso iniziale di circa 3 grammi, che successivamente tende a diminuire. Altra caratteristica di queste monete è di essere scodellate: esse presentano una netta convessità al diritto, cui corrisponde una marcata concavità al rovescio. Purtroppo per ragioni di spazio non è possibile riprodurre tutti i tipi di queste monete.

Dramme padane del 1° tipo
Foto n. 4 Dramme padane del 1° tipo

Vedete qui due esemplari di dramma padana del primo tipo (area ligure - piemontese) caratterizzati al Diritto dalla testa di Diana impressa malamente: (notate che non si tratta di monete logorate dall'uso). Ciò è dovuto, molto probabilmente all'imperizia degli addetti alla coniazione, alle prese con una testa di Diana a rilievo notevole, che avrebbe richiesto particolari accorgimenti, non ancora noti a battitori alle prime armi.

Al Rovescio si noti come la figura del leone sia già notevolmente modificata rispetto a quella marsigliese, sia nella testa come nelle articolazioni a sfera. Anche la dicitura è MAΣΣA o MΣΣA, mal copiata rispetto al modello originario. La modificazione delle sembianze del leone è abbastanza giustificata dal fatto che gli incisori locali dei conii andavano "a memoria" o copiavano, essendo il leone un animale loro ignoto. Così per le diciture, dato che ben pochi nella zona conoscevano l'alfabeto greco.

Nel secondo tipo, l'unica differenza è che la testa è un po' meno grossolana.

Negli esemplari che seguono e che possiamo classificare come terzo tipo (sempre area ligure - piemontese) notiamo come la testa al Diritto è ormai ben delineata sia nei tratti del volto come nell'orecchino e nella capigliatura. Al Rovescio il leone è sempre più degenerato, con corpo mostruoso, testa e fauci che lo fanno assomigliare ad uno scorpione (come è infatti definito comunemente) e con articolazioni sempre globulari.

Anche la leggenda continua a degenerare: la M e la Σ sono ormai costituite da segni del tutto staccati .

La dramma del quarto tipo (sempre secondo la classificazione di Pautasso) è caratterizzata dalla capigliatura più estesa, che copre l'orecchino e fa sembrare più piccolo il volto.

Al Rovescio possiamo ripetere le considerazioni già fatte.

Abbiamo poi un quinto tipo che non è più ligure - piemontese, ma più propriamente relativo alla zona Ticino - Verbano.

In essa al Diritto la figura è piuttosto rozza, con capigliatura schematizzata e ritorno all'orecchino. Al Rovescio si ha il leone sempre degenerato e scritta costituita solo ormai da segni a forma di V messi dritti, rovesciati o coricati.

Dramme padane del 3° tipo
Foto n. 5 Dramme padane del 3° tipo

Nelle dramme del sesto tipo battute nell'area dei Cenomani (Lombardia est), vediamo come lo stile sia piuttosto rozzo, il leone sia tozzo, le diciture costituite da segni fusiformi staccati posti senza alcun nesso.

Vi sono alcuni punti caratteristici sotto la testa, il tondello è piuttosto irregolare, probabilmente ottenuto non per fusione, ma per tranciatura. Il peso medio è di gr. 2,3.

Le dramme del settimo tipo sono della Lombardia ovest (zona Insubri). Notiamo al Diritto la testa rozza, con naso lungo e a punta, mentre al Rovescio il leone sembra addirittura un cane con la lingua penzoloni. Il tondello, molto irregolare, è chiaramente tagliato con le cesoie da una striscia di metallo.

Per quanto riguarda gli Insubri, assieme ai Boi la più importante e vivace tribù gallica stanziata nel cuore della pianura padana, con capoluogo a Milano, le testimonianze archeologiche tipiche sono molto frammentarie e scarse: nessuna traccia del grande centro celtico che divenne poi la Mediolanum romana, tranne qualche tomba isolata.

È perciò importantissima la testimonianza della monetazione padana, specie nei riguardi dello studio degli aspetti e rapporti economici locali. Di questo tipo sono per esempio le dramme ritrovate - come vedremo - in Cornovaglia.

Come appartenenti all'ottavo tipo (sempre secondo la classificazione di Pautasso) vengono definite le dramme battute nella zona veneta (ad est dell'Adige). Si tratta di monete di argento e titolo molto basso (400 millesimi e anche meno), di peso inferiore a quello dei primi tipi (gr. 2,4 ¸ 2,5 anziché circa 3 gr.) di fattura molto rozza (si noti al Diritto il volto, con capigliatura ridotta a pochi "blocchi" e nelle quali al Rovescio la figura del leone è ridotta ad una specie di sparviero con enormi artigli). Le diciture sono costituite da alcuni segni a forma di C più o meno sovrapposti.



Ecco ora l'ultimo gruppo di dramme, uno dei più importanti, suddiviso in varii tipi, tutti relativi all'area leponzia (Lombardia nord, Alpi Lepontine) e caratterizzati da diciture (quasi) sempre in caratteri nord - etruschi (o leponzii) sinistrorsi (da leggere cioè cominciando da destra). La coniazione è abbastanza curata: il tondello è di forma circolare, ricavato da fusione singola; al Diritto la figura di Diana è abbastanza regolare, con capigliatura ben definita, mentre al Rovescio il leone, per quanto sempre di forma degenerata, è ben modellato, con groppa molto inarcata, poggiato su una doppia linea orizzontale, più o meno visibile. Il peso medio è di gr. 2,2. Osserviamo la scritta chiaramente leggibile, ma di significato per ora incomprensibile.

Dramma leponzia
Foto n. 6 Dramma leponzia

Precisiamo - molto brevemente - che quando si parla di linguaggio etrusco, non si deve parlare di "mistero". I caratteri etruschi sono perfettamente leggibili, solo che spesso non si conosce il significato delle parole, non essendo stata trovata finora una iscrizione bilingue che non sia a carattere strettamente funerario o religioso ma che ci permetta invece di dare a molte parole etrusche il loro significato relativo alla vita di tutti i giorni.

Molte ipotesi, naturalmente, sul significato sulle scritte leponzie che appaiono sulle dramme padane: il nome di un capo, di un popolo, di un luogo d'origine, etc.

foto 6b

Torniamo alle nostre monete. La dicitura è spesso incompleta se il tondello non è più che regolare. Le dramme di questo tipo possono anche trovarsi (raramente però) in rame anziché in argento.

Pautasso afferma che le monete in rame non sono altro che anime di monete suberate.

Come già accennato, le dramme del gruppo leponzio si possono suddividere in diversi tipi: dopo quelle con dicitura TOUTIOPOUOS possiamo ricordare quelle - piuttosto rare - con la dicitura sempre sinistrorsa, "PIRAKOS".

Di un altro tipo è noto addirittura un solo esemplare, attualmente conservato al Museo di Monaco di Baviera: esso porta la scritta "ANAREKARTOS", sempre sinistrorsa.

In questo esemplare, a parte la dicitura, si nota come sia la testa che il leone siano più "pieni" o meglio, meno stilizzati.

Infine, occorre ricordare l'ultimo tipo di dramme padane del gruppo leponzio: quelle caratterizzate dalla dicitura (destrorsa) DIKOI = RIKOI, in lega molto povera di argento (non abbiamo però dati precisi sulla composizione della lega) ed anche di peso inferiore rispetto alle altre emissioni: circa 2 grammi rispetto a 3 grammi che è il peso delle dramme del primo tipo.

La testa al Diritto è incisa molto rozzamente, e al Rovescio il leone è ridotto a tratti quasi a spina di pesce, sormontati dalla dicitura "Rikoi" a lettere grosse e tozze.

La bassa percentuale d'argento contenuta si vede anche, proprio visivamente, osservando i vistosi fenomeni di corrosione.

Da notare che questo tipo di dramma ebbe però larga diffusione sia nelle zone confinanti con l'area leponzia, come anche in quelle piuttosto distanti. Esemplari di questo tipo sono stati trovati sia nell'Astigiano, come anche presso Serravalle, vicino all'antica Libarna.

Le dramme padane sono state rinvenute in quantità diversissime, a partire da ritrovamenti di un esemplare isolato fino ad arrivare al ritrovamento di tesoretti di alcune migliaia di esemplari (a Manerbio, in provincia di Brescia, nel 1955, a seguito di lavori di scavo, venne trovato, entro un vaso, un blocco di 3931 dramme).

A Genova, nel 1910, venne trovata una dramma padana, durante gli scavi della necropoli preromana del Colle di S.Andrea presso una tomba.

Molto tempo dopo il ritrovamento, e purtroppo senza nessuna precisa indicazione relativa allo stesso, si è avuta notizia del ritrovamento di alcune dramme padane nella località Sassello, vicino al Colle del Giovo (presso Savona) durante gli scavi per la costruzione di un edificio. Si tratta di un gruzzoletto di 21 dramme padane (1°, 2° e 3° tipo). Un esemplare del ritrovamento risulta battuto con gli stessi conii (Diritto e Rovescio) di un esemplare noto relativo al ripostiglio di Serra Riccò, di cui parleremo, e che quindi proviene dalla stessa officina monetale. Parleremo fra poco del problema della localizzazione delle zecche.

Così ad Ornavasso, fra il 1890 e il 1893, sempre nel corso di scavi nella locale necropoli, vennero trovate 356 monete, di cui 6 cisalpine.

A Milano nel 1936, in Piazza Fontana, durante gli scavi per la costruzione di un edificio, alla profondità di m. 1,20, venne trovato un vaso di terracotta di impasto nero, contenente 359 dramme padane.

A Burwein, nel Cantone dei Grigioni, nel 1786 vennero alla luce due vasi di rame contenenti, oltre ad oggetti d'oro e d'argento (ornamenti e monili) moltissime dramme padane, di cui molte andarono disperse e una ventina sono conservate nei musei di Zurigo e di Coira.

A Roma nel 1938, in Campidoglio, nei lavori di scavo di una galleria sotto la piazza, venne rinvenuto in un terreno di scarico costituito da schegge e detriti di marmo un tesoretto di 77 monete, di cui 8 monete padane e altre romano - campane e greche. Tale ritrovamento è molto importante perché le dramme padane, piuttosto logore per l'uso, sono frammiste alle monete romano - campane piuttosto ben conservate e di datazione nota ben precisabile (280 - 268 a.C.). Le dramme padane sono perciò (tipo 2° - 3° e 4°) battute prima di tale periodo.

Interessantissimo, anche se anomalo, il ripostiglio di Penzance in Cornovaglia trovato in un campo nel 1907, costituito da un numero imprecisato di dramme padane di cui ne sono state recuperate 43, tutte di tipo INSUBRI, che sono in evidente rapporto col commercio dello stagno, ricavato in abbondanza dalle miniere della Cornovaglia, in Gran Bretagna.

Mentre in parecchi di questi tesoretti, assieme alle dramme padane furono rinvenute anche monete romane d'argento o di bronzo, utilissime fra l'altro per lo studio delle datazioni, sono assenti, invece, le dramme massaliote vere e proprie, probabilmente perché essendo di buon argento, vennero impiegate nella coniazione delle dramme padane, di lega più scadente.

Non vi sono notizie di fonte letteraria che ci permettano di parlare dell'ubicazione di vere e proprie zecche, anche se ipotesi ne sono state fatte parecchie: si ipotizza anche (e questo potrebbe essere anche verosimile) l'esistenza di "monetatori itineranti", ipotesi già ventilata per altre monetazioni, per esempio per le monete sardo - puniche.

Non parliamo di proposito, delle emidramme perché sarebbe troppo lungo in questa sede addentrarsi nelle discussioni relative all'esistenza di poche monete simili alle dramme padane ma del peso di circa un grammo e mezzo, come pure di alcuni pochi esemplari simili detti "dramme pesanti" del peso di gr. 3,8 circa: ci confonderemmo solo le idee senza alcun costrutto.

Veniamo invece a quella che, per lo meno dal punto di vista locale, è la parte più interessante. Dei ritrovamenti - circa 90 - summenzionati, uno va particolarmente tenuto presente, sia perché è l'unico rinvenuto nell'immediato entroterra di Genova, (perdonate, sono genovese), sia soprattutto perché esso era costituito da monete padane di due tipi diversi.

Il ritrovamento è quello di Serra Riccò, avvenuto nel Settembre del 1923 durante lavori di sterro per la costruzione della ferrovia Genova - Casella, nella località Riâ della Rocca fra Niusci e Molinetti, vicino al valico di Crocetta di Orero, appunto nel comune di Serra Riccò, detto tesoretto di Casella dal nome della località più vicina.

Secondo alcuni le monete giacevano in piena terra, secondo altre testimonianze erano in olle di coccio, comunque entro una cavità risultante da due massi. Tutte le ipotesi, anche di studiosi locali sono valide, e comunque non sono di capitale importanza dal punto di vista numismatico, a parte quello archeologico. Inoltre, sembra certo che alcune monete di questo tipo (ci riferiamo agli oboli) siano state, a quanto si riporta, trovate presso la località di Avosso di Casella, ben poco distante da Serra Riccò.

Non è il caso di addentrarci in disquisizioni relative al fatto che si tratti di monete nascoste da viandanti, commercianti diretti in Val Padana o da questa provenienti.

Secondo Barocelli, il primo che ne scrisse nel 1926, e secondo il già citato Pautasso, una parte di questo tesoretto venne ricuperata per il pronto intervento della Soprintendenza ed è conservata nel museo di Arte Antica a Torino. Molte monete, comunque, andarono disperse in zona. La parte conservata a Torino è costituita da 37 dramme del tipo ligure - piemontese (il primo gruppo, quindi) e da 127 monetine, sempre d'argento, ma più piccole (diametro 10 - 11 mm), dette comunemente "oboli di imitazione massaliota", che ne sono la caratteristica peculiare e che hanno fatto sorgere una serie di interrogativi tutt'altro che risolti. Accenniamo a qualcuno di essi senza un ordine ben preciso.

  1. Anzitutto, bisogna chiedersi perché questo tipo di monete è stato trovato solo a Serra Riccò (salvo pochissime eccezioni).
  2. Secondo: non si può affermare con sicurezza che questi oboli siano stati coniati in qualche località della Liguria o del Piemonte, anche se sono indubbiamente monete padane.
  3. Terzo: è strano come in queste monete trovate nello stesso posto e tutte dello stesso soggetto, si riscontrino tuttavia delle differenze tipologiche profonde, tanto da permettere a Pautasso di suddividerle in ben 18 tipi, e all'inglese Allen di classificarle secondo 12 tipi.
  4. Quarto: ancora, perché questi oboli pesano in media gr. 0,75, cioè circa un quarto del peso delle dramme assieme alle quali furono trovate, mentre è ben noto che - come di norma - l'obolo è la sesta parte della dramma?

A questo proposito, potremmo accettare l'ipotesi di Blanchet, il quale afferma che il peso è questo solo perché questi oboli volevano essere semplicemente un sostituto degli oboli massalioti del tipo "ruota e lettere MA", che pesavano appunto gr. 0,75.

Altri ipotizzano una non casuale unione nello stesso tesoretto con le dramme liguri - piemontesi del peso di circa 3 grammi, per pratiche ragioni - diciamo così - di "contabilità".

Negli oboli padani si noti al Diritto l'estrema stilizzazione del volto, pur sempre differenziato in molti tipi, e al Rovescio la bellezza del quadrupede (dico quadrupede anche se non si sa bene quale animale rappresenti) sia nei tipi in cui esso è ridotto a pochi tratti, sia negli esemplari in cui l'animale ha il corpo ricoperto di un vero e proprio vello, mirabilmente ottenuto dall'accostamento di minuscoli puntini.

Gli oboli padani hanno al Diritto la testa, di stile abbastanza buono, con un ricciolo al posto dell'orecchino. Questa somiglia vagamente alla dramma di 1° o 2° tipo. Al Rovescio, il quadrupede volto a sinistra, col corpo ricoperto dai piccoli globetti che ben rappresentano il vello. In alto, una stella formata da quattro raggi e punto centrale; sotto vi è invece una stella a tre raggi; in basso - non molto visibile- una striscia di piccoli trattini verticali che rappresenta il terreno.

In altri esemplari di oboli padani si nota come al Diritto il volto sia molto più rozzo, addirittura con tratti somatici di tipo negroide (specie nelle labbra).

Al Rovescio il quadrupede è meno inarcato, il vello sul capo è addirittura irsuto, la stella è formata da cinque globetti e permangono alcuni globetti in basso e la linea di fondo.

Oboli padani
Foto n. 7 Oboli padani

Da notare altri oboli del tutto diversi dai precedenti: la testa è più curata; il quadrupede sempre con vello lanoso, è però volto a destra. Il terreno è rappresentato da due linee parallele che racchiudono altri trattini obliqui.

Di tipo completamente diverso altri oboli nei quali al Diritto la testa è molto semplificata, con capigliatura formata da pochi tratti, tale da assomigliare ad una specie di casco protettivo. Al Rovescio l'animale, volto a sinistra, è di una schematizzazione estrema e porta sotto la testa un segno di significato tuttora oscuro e indecifrabile, che assomiglia ad una punta di freccia volta a destra. Ben visibile, al Diritto e al Rovescio il cerchio continuo esterno che delimita il conio.

Dobbiamo anche precisare una cosa: l'affermazione che gli oboli padani sono stati trovati solo a Serra Riccò non è però completamente esatta. Quattro esemplari di essi sono stati trovati, isolati, in altre località.

Nel 1972, presso Pignone in provincia di La Spezia, durante gli scavi condotti per conto della Soprintendenza alle Antichità della Liguria dai professori Mannoni e Scarani venne rinvenuto un obolo padano descritto dal Dott. Bertino a pag. 88 del volume "Archeologia in Liguria, scavi e scoperte 1967-75" che ne dà anche la riproduzione fotografica.

Nel 1953 venne trovato, durante gli scavi a S. Maria di Passione a Genova, sotto la direzione del Prof. Lamboglia, quello che nella relazione pubblicata sulla "Rivista mensile del Comune di Genova" (annata XXXII, pag. 2 a 7) viene definito come un "obolo di Marsiglia" ma che è un obolo padano.

Il terzo è stato rinvenuto, circa 60 anni or sono (quindi, per caso, più o meno all'epoca del ritrovamento di Serra Riccò) dal nonno dell'Ing. Lunardi a Genova Cornigliano durante gli scavi per la costruzione di un magazzino.

Il quarto è stato rinvenuto pochi anni fa durante gli scavi del Castellaro di Camogli (durante i lavori diretti dal Dott. Marco Milanese).

Ancora qualche considerazione, per concludere. Un profondo studioso inglese, il Dott. Derek Allen, nella sua comunicazione "New light on the Serra Riccò hoard of Cisalpine Coins" pubblicata nel 1971 dallo "Jahrbuch für Numismatik und Geldgeschichte" afferma di aver potuto esaminare e classificare, per concessione della nota ditta inglese "Spink & Son" un lotto di 143 oboli padani, cioè del tipo "Serra Riccò" e di averli suddivisi in 12 tipi, come vi ho già detto, contro i 18 di Pautasso.

Egli afferma che ben pochi altri esemplari sono apparsi sul mercato, ma che tuttavia si potrebbe ragionevolmente ipotizzare l'esistenza di un terzo lotto, più o meno della stessa consistenza, disperso in pratica tra i collezionisti privati, cosicché si potrebbe pensare ad un'esistenza di circa 450 oboli. In effetti è chiaro che dopo la scoperta, per quanto presto siano intervenute le autorità, una parte del tesoretto finì dispersa tra i privati.

Su questo vogliamo fermare un momento l'attenzione perché da una rapida e superficialissima indagine risulta che circa un centinaio di oboli padani sono in possesso di collezionisti, il che conferma l'ipotesi di Allen, non solo ma fa anzi pensare che la quantità da lui ipotizzata sia in effetti inferiore al vero.

Nel lotto Spink esaminato da Allen vi sono anche due frammenti di denari romani repubblicani di cui uno certamente battuto nell'82 a.C. (attribuibile a Caio Annio e a Lucio Fabio, per gli esperti). Se essi fossero senza alcun dubbio provenienti dallo stesso tesoretto, farebbero pensare che questo sia stato smarrito verso l'80 a.C. (o comunque non prima), con conseguenti ipotesi sulla datazione degli oboli stessi.

Anche questo come si vede è un problema da chiarire e se qualcuno di questi problemi avrà soluzione, a questo si arriverà solo con pazienti studi di comparazione dei tesoretti (anche quelli di auspicabile futuro ritrovamento) col contesto degli altri oggetti numismatici o meno che li costituiscono, e andandoci piano con facili entusiasmi e altrettanto facili conclusioni.

Stretta correlazione fra archeologia e numismatica quindi, molti problemi ancora da risolvere e possibilità di nuovi studi per le monetazioni - e sono parecchie - che hanno rapporto con la regione in cui viviamo.

Per fortuna, dico io, che esistono questi problemi. Se no che gusto ci sarebbe ad essere appassionati di numismatica e di archeologia (o di qualche altra cosa) se tutto fosse facile, tutto risolto, tutto a portata di mano?

Amici, credete, è bello e appassionante (e questo vale in tutti i campi) quello che non è facile da raggiungere.

 


Ultimo aggiornamento Ago.2005

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