Enrico Janin - La classificazione dei "quartari" genovesi - Da "La Numismatica" Marzo 1983


La classificazione dei "quartari" genovesi

Premessa

Con la concessione (avvenuta a Norimberga negli ultimi giorni del 1138) da parte di Corrado di Svevia del diploma che autorizzava la Repubblica Genovese a battere moneta propria ha inizio nel 1139 il primo periodo della monetazione genovese, che dura esattamente due secoli e cioè fino al 1339. E' in tale anno che infatti, con l'avvento al potere di Simone Boccanegra eletto primo doge di Genova, ha termine il periodo in cui Genova era governata prima dai Consoli e poi dai Podestà.

Già sulle primissime monete battute dalla Zecca di Genova, a cominciare dal denaro in mistura che fu la prima vera moneta genovese, compare la raffigurazione del Castello stilizzato a tre torri, da alcuni definito anche "porta": in effetti si può benissimo pensare che esso rappresenti una porta stilizzata a due battenti, divisi da una colonna centrale con archetti. Tale interpretazione è anche coerente con la leggenda IANVA che in latino significa "porta", cioè la denominazione medioevale di Genova seguita a quella classica di GENUA che avrebbe riferimento al suo mitico fondatore Giano.

Per inciso, questa raffigurazione stilizzata del Castello è quella stessa adottata (già nella seconda metà del XIII secolo) dalla corporazione degli argentieri genovesi (i "fraveghi") come marchio divenuto poi noto e famoso col nome di "Torretta" e che costituisce oggi un ricercatissimo suggello di rarità per le argenterie genovesi scampate alle distruzioni avvenute fra la fine del XVIII secolo e l'inizio del XIX, all'epoca cioè della fine del Governo dei Dogi, dell'avvento della Repubblica Democratica Ligure e del successivo dominio napoleonico.

Salvo rarissime eccezioni, il Castello costituisce sistematicamente il soggetto delle monete genovesi ininterrottamente per ben cinque secoli, e precisamente fino al 1637. Ciò ha portato ad una indiscutibile monotonia nei soggetti della monetazione genovese, giustamente notata ed anche criticata da molti.

Va però notato che il notevolissimo credito acquistato dalla moneta genovese sui mercati commerciali mediterranei fin dall'epoca delle prime emissioni ha certamente favorito la permanenza della raffigurazione del Castello, certo ben vista per queste ragioni anche dalle maggiori autorità della Repubblica.

Ma, come abbiamo detto, questo fatto si verifica "salvo rarissime eccezioni": questo riferimento serve, amici lettori, a giustificare un'introduzione che potrebbe anche sembrare fuori tema oltre che prolissa, ma che in effetti è necessaria per introdurre l'argomento vero e proprio al quale si riferiscono queste note. Una di queste eccezioni, infatti, è costituita proprio dai "quartari" oggetto di queste considerazioni dalle quali - sia ben chiaro - non possono certo scaturire soluzioni di problemi già esistenti. Se mai è facile che ne scaturiscano altri la cui soluzione potrà - ci auguriamo - aversi in futuro per opera di studi più approfonditi e di sistematiche e magari fortunate ricerche d'archivio.

Generalità

II quartaro è il quarto di denaro, il più spicciolo degli spiccioli, una piccola moneta in lega di rame e argento talmente povera di argento da essere considerata dal Corpus Nummorum Italicorum (1) di rame. La nostra monetina viene indifferentemente denominata quartaro, griffone o clapucino, termine questo derivato dal nome (vagamente dispregiativo) usato per definire gli antichi lavoranti artigiani del rame. Ancor oggi a Genova si usa il termine "ciapusso" per definire un oggetto di valore trascurabile.

I quartari sono tra le monete genovesi indicate e definite da nomi caratteristici, che le distinguono non solo dalle altre emissioni di questa zecca ma anche da quelle di tutti gli altri paesi, rendendoli perciò monete del tutto insolite. Caratteristica importantissima, anzi eccezionale dei primi quartari genovesi è la lettera "Q" iniziale della parola "quartaro" posta all'inizio della leggenda del diritto. Nei quartari col grifo, poi, la parola "quartaro" è addirittura scritta a tutte lettere. Nessun'altra moneta di quest'epoca porta l'indicazione del valore e questa, per la monetazione genovese, apparirà solo sulla lira del 1643, cioè dopo circa cinquecento anni (2).

Parlando di quartari è d'obbligo accennare al "griffo e croce", il noto gioco popolarissimo almeno fino ai tempi della nostra infanzia. Oggi, non so. Si gioca ancora a "griffo e croce"? Ai giovani la risposta che però presumo negativa. Il nome di tale gioco deriverebbe proprio dall'essere stata usata questa moneta per un gioco del genere. Allo stesso modo i fiorentini giocavano a "giglio e santo" o "palle e santo" e i francesi a "croix et pille". E a questo proposito vi riferisco pari pari quanto afferma il Desimoni (3) che dice: "...II nome di 'pille' allude al castello o porta della città come significativo della Zecca rispettiva e deriva chiaramente dal greco 'pile', porta. Anche presso di noi non era ignoto tal nome nel medesimo senso; essendoché abbiamo tuttora la 'Pilla' che in antico doveva essere la porta più nobile, mettendo sulla strada romana. Nelle monete abbiamo anche noi come emblema principale il castello o porta turrita circondata dalla leggenda 'IANVA' e questo uso cominciò colla nostra Zecca e durò fino al XVII secolo. Se dunque i fanciulli o i monelli fra noi appresero a dire croce e griffo invece di croce e pila, o croce e Castello, l'origine di questo uso non può venire senonché dal valersi ch'ei facevano ne' loro giochi di questa che fu in antico la più umile delle monete genovesi...".

Se consultiamo un dizionario di greco troviamo πυλη porta specie di città, tempio o grande edificio.

E la "Pilla" cui si riferisce il Desimoni era la Porta Pila, una delle più importanti della città di Genova, quella cioè posta nella parte orientale della città fino a poco tempo fa denominata Borgo Pila ed ormai priva, oltre che del vecchio nome, anche della Porta, smontata e risistemata in altro luogo, monumento ricordo ormai svuotato della sua funzione, anche se sempre caro ai genovesi di una certa età.

Caratteristiche

I quartari hanno un diametro medio del tondello (che spesso è assai irregolare) di 15 millimetri e un peso di poco inferiore al grammo (di regola da 0,8 a 0,9 grammi, a parte alcuni pesi anomali). Desimoni (4) riferisce di aver riscontrato in un quartaro ben conservato del tipo col Grifo, il peso di gr. 1,01 e lo paragona col peso originario del denaro primitivo genovese, che dovrebbe essere di gr. 1,099. Il quartaro, battuto inizialmente non molto dopo che furono coniati i primi denari genovesi, dovrebbe perciò avere lo stesso peso del denaro originario, anche se di lega meno nobile.

La composizione dei quartari col Grifo è riportata da documenti d'epoca, citati dal Desimoni (4) tra i quali citeremo gli atti di Bartolomeo Pareto, il quale dal 1327 al 1336 fu anche Cancelliere della Zecca. Egli afferma che dichiarazioni degli ufficiali di zecca relative a saggi fatti su "clapucini" battuti nel 1328 stabiliscono essere questi della bontà di "un quarto d'oncia di argento fino misto a once 11 ¾, cioè a millesimi 21 di argento".

Un po' superiore è il titolo dichiarato da Pompeo Bianco (5) il quale poco più di quarant'anni fa (per la precisione nel 1936) fece saggiare uno dei suoi quartari dalla Ditta Guindani di Genova: il titolo risultò al 24 millesimi di fino.

Non si conosce invece dalla letteratura quale fosse il titolo dei quartari battuti nel secolo XII, quelli cioè col Castello.

Mi sono reso ben conto che non si può considerare come probante il risultato di un saggio analitico eseguito su pochissimi esemplari se non addirittura su uno solo per tipo. Per di più in casi come questi nei quali il metallo pregiato entra nella lega in quantità molto piccole, vi è in pratica la possibilità che la composizione possa variare, anche nello stesso periodo, da partita a partita, o anche addirittura nella stessa partita di monete, per ragioni varie anche di carattere tecnico, inerenti alle modalità di preparazione o allo stato della pasta metallica. Una sicurezza sulla composizione della lega si potrebbe avere solo, in sostanza, dalla lettura di documenti d'epoca.

Tuttavia, in virtù della cortesia della Dott. Tacchino dell'Istituto di Chimica Generale dell'Università di Genova, alla quale vanno i miei ringraziamenti più vivi, ho fatto eseguire la determinazione analitica dei diversi metalli presenti in due quartari, uno del 1° tipo (Castello) e uno del 3° tipo (Grifo).

Ne sono venuti fuori dei risultati che, per quanto detto, prima, non possono portare a nessuna conclusione certa e definitiva come evidentemente mi piacerebbe, ma che tuttavia possono essere tenuti presenti, anche se solo come piccole tessere di un mosaico che mi auguro possa pian piano essere completato.

Ecco i risultati delle prove, che per semplicità riporto arrotondati:

Quartaro 1° tipo (Castello)

il resto essendo costituito da ferro, alluminio e nichel, come evidenti impurezze.

Quartaro 3° tipo (Grifo)

oltre alle tracce di ferro, alluminio e nichel come del caso precedente.

Cosa ne dovremmo concludere, sempre se conclusioni se ne possono trarre dopo quanto abbiamo premesso sulla limitata importanza di questi dati?

Anzitutto, che la percentuale di metallo nobile in lega (l'argento) diminuisce, cioè in pratica si dimezza, e questo certamente non deve stupire, solo che ci si ricordi che la svalutazione esiste, con tutte le sue conseguenze, da quando esistono le monete. In secondo luogo, che si potrebbe giustificare la relativa scarsezza di quartari del 1° tipo (Castello) con l'ipotesi di una riutilizzazione degli stessi per la produzione di quartari col Grifo, a più basso tenore di argento, d'accordo col Desimoni (4). In terzo luogo che, se teniamo presente la composizione del quartaro col Grifo fatto analizzare ci troviamo di fronte a delle percentuali che, per quanto riguarda rame e stagno, ci fanno pensare ad una lega assimilabile ad un bronzo. Non si spiega però quel 3,5% di piombo, certo un po' troppo per essere considerato un'impurezza.

Nulla di più, come vedete, di constatazioni che (come dissi) invece che dare una risposta a certi problemi, ne creano degli altri.

Periodo di coniazione

Non è facile stabilire con precisione il periodo di coniazione dei quartari, perché si tratta di monete, oltre che non datate (come del resto tutte le altre monete dell'epoca), anche non personalizzate da iniziali o nomi di titolari. Si dice che nel tipo al Castello essi apparvero presumibilmente verso la fine del secolo XII (6).

Il Desimoni (7) afferma, a mio parere giustamente, che il quartaro doveva essere in circolazione già poco dopo l'inizio dell'attività della Zecca genovese (1139) "...quando non vi era alcuna moneta maggiore del danaro, e perciò bisognavano le sue frazioni...".

Per quanto riguarda invece i quartari con la raffigurazione del Grifo, se ci atteniamo a quanto afferma ancora Desimoni (3) dovremmo concludere che il tipo col Grifo apparve verso la fine del XIII secolo, dopo cioè che Genova adottò (forse nel 1298) il nuovo sigillo su cui è impresso il Grifone che artiglia due animali, l'aquila e la volpe, circondato dalla nota orgogliosa leggenda "GRYPHUS VT HAS ANGIT SIC HOSTES IANVA FRANGIT" (Foto n. 1).


sigillo grifone
Foto 1

Da questo, cioè, deriverebbe il Grifone riprodotto sui quartari battuti dopo il 1298, di cui parla nel 1320 l'annalista genovese Giorgio Stella (8). Dello stesso parere, anche per quanto riguarda la datazione, è Astengo (9). Questo è quanto si deduce dalla letteratura. Col vostro permesso, vorrei esporre brevemente anche alcune considerazioni personali.

Anzitutto Pesce nel suo recente libro "Le monete genovesi" (6) a pag. 26 scrive, a proposito dei quartari: "...i vari tipi nello stile e nei caratteri denunciano una successione cronologica che comunque non va oltre il 1339..." e più oltre "...Si può ritenere che i quartari siano stati in circolazione per lungo tempo e in pieno governo di dogi a vita..." (cioè, ricordo, dopo il 1339).

Inoltre, secondo quanto affermato dalla letteratura il quartaro 1° tipo (al Castello) sarebbe stato battuto per circa un secolo, cioè dalla fine del XII alla fine del XIII secolo. Un periodo di tempo piuttosto lungo, nel quale mi pare strano che non siano avvenute variazioni nel tipo, dal momento che il C.N.I. (1) enumera solo tre varianti del tipo al Castello, tra l'altro ben poco differenti tra loro, essendo le diversità costituite solo da piccole variazioni di interpunzione.

I quartari col Grifo, ben più frequenti di quelli col Castello e con notevoli differenziazioni di tipi (come vedremo) sarebbero stati battuti in base alle affermazioni citate, solo per un quarantennio. Anzi, a prendere per buone le affermazioni dell'annalista Giorgio Stella (8), addirittura solo per trent'anni.

Poiché queste conclusioni mi hanno lasciato piuttosto perplesso, ho cercato di ragionarci un po' sopra. Un primo elemento per chiarire la situazione potrebbe essere la spiegazione data da Desimoni. Nel suo opuscolo "Nuove considerazioni sui quarti di danaro genovino" (4) egli a pag. 6 scrive (come abbiamo già detto) che la relativa scarsità dei quartari del tipo al Castello sarebbe dovuta al fatto che essendo questi di lega migliore sarebbero stati disfatti o rifusi quando si iniziò la battitura dei quartari col Grifo.

Rileggendo più attentamente il suddetto opuscolo del Desimoni, ho soffermato l'attenzione sulla nota n. 2 a pag. 4. In essa l'autore afferma di voler modificare la sua comunicazione sulla data di adozione del Grifo nel sigillo di Genova (3) perché, come egli afferma, "...scrissi il citato articolo in campagna senza aver sott'occhio tutte le mie schede...".

Anziché al 1298, tale adozione; dovrebbe esser fatta risalire alla prima metà del secolo XIII e più precisamente addirittura intorno al 1222, allorché il Comune diede incarico ad un certo maestro Oberto perché gettasse in bronzo la figura di un Grifo da porre nel Duomo di San Lorenzo.

E allora si potrebbe ipotizzare che i quartari al Castello siano stati battuti approssimativamente a partire più o meno dalla metà del secolo XII (cioè pochissimo tempo dopo l'inizio dell'attività della zecca di Genova) fino a circa la metà del secolo XIII. Quelli col Grifo potrebbero perciò essere stati battuti dalla metà del XIII secolo fino al 1339 o giù di lì. Verrebbe allargato perciò il periodo presunto di coniazione dei quartari col Grifo, il che ne spiegherebbe la diversità dei tipi, mentre rimarrebbe valida la giustificazione già esposta per la relativa scarsità dei quartari del tipo al Castello, e cioè quelle della rifusione dato il loro più alto titolo d'argento.

Suddivisione

Parliamo ora di suddivisione dei quartari. Anche qui converrà riferirci come base al Corpus Nummorum Italicorum (1), pur tenendo presente, come tutti sanno, che esso non è affatto perfetto, cosa ammessa implicitamente dall'autore stesso, che come sottotitolo alla monumentale opera ha scelto la dicitura "Primo tentativo di un Catalogo Generale delle monete medioevali e moderne coniate in Italia o da Italiani in altri paesi". Oltretutto, specialmente per quanto riguarda il volume relativo alla Liguria, il "Corpus" è anche abbastanza vecchiotto. La sua pubblicazione risale infatti al 1912, e da allora sono saltate fuori parecchie novità. Basta, per convincersene, dare un'occhiata alle aggiunte al III volume del C.N.I. raccolte da Pesce e pubblicate negli Atti della Società Ligure di Storia Patria (10) e che (mi sia concesso questo benevolo piccolo rimprovero) gli appassionati di monete genovesi consultano sempre troppo poco. Sempre a proposito del Corpus è da notare come, proprio per i quiartari, il titolo relativo a questo tipo di monete è scritto con caratteri che confondono le idee.

Infatti, sotto il titolo "GOVERNO GHIBELLINO" dopo la descrizione del rarissimo genovino con l'aquiletta simbolo imperiale, se ne trova un altro, a caratteri più piccoli: "ALTRE MONETE CONIATE PRIMA DEL 1339" e ancora sotto, a caratteri ancora un po' più piccoli, la parola "QUARTARI". Così capita a molti di chiedersi se i quartari non appartengano tutti ad un ipotetico sottoperiodo del Governo Ghibellino.

Comunque, anche se è auspicabile una revisione delle suddivisioni del "Corpus" (come del resto per altri settori, ad esempio quello dei denari primitivi) questo è ancora il più valido punto di partenza, e ad esso conviene riferirsi.

Secondo il C.N.I. quindi, i quartari si possono suddividere in cinque tipi, per un totale di 35 varianti, più 3 registrate in fondo al volume, nelle aggiunte e correzioni. Più che con le definizioni stesse del Corpus, io li definirei secondo le principali caratteristiche distintive, nel modo seguente:

Dopo averli sinteticamente definiti, esaminiamoli ora un po' meglio.


quartaro primo tipo
Foto n.2 quartaro primo tipo

Nel quartaro 1° tipo è raffigurato al diritto il Castello genovese, racchiuso entro un cerchio di perline; intorno, preceduta dalla solita Crocetta posta prima dell'inizio della dicitura, si legge Q. IANVA (ecco la famosa "Q" iniziale di Quartaro). Le interpunzioni sono sempre costituite da punti, piuttosto grossi.

Al rovescio, vi è una Croce intersecante, che definisce quattro settori, in ciascuno dei quali è posta una coppia di lettere: CV RA D.R EX.

Nel quartaro 2° tipo abbiamo al diritto come soggetto la Croce e come dicitura la parola IANVA preceduta dalla solita crocetta e seguita dalla lettera C o più raramente da altre lettere non ben identificate data l'usura degli esemplari esaminati. Si noti come eccezionalmente venga considerata come diritto la faccia dove è impressa la Croce, perché questa vi è abbinata alla parola IANVA, caratteristica del diritto nelle monete genovesi di questo periodo.

Al rovescio, il Grifo contornato dalla dicitura (sempre preceduta dalla crocetta) CVNRADVS REX (C.N.I. numeri 4 e 5) oppure QVARTARO (C.N.I. numeri 6 e 7). Si possono cioè in pratica distinguere due sottotipi. I segni di interpunzione sono costituiti in genere da punti, in un caso (C.N.I. n. 5) da anellini.



quartaro 2° tipo
Foto n.3 quartaro 2° tipo

Il C.N.I. riporta anche un esemplare (n. 8) la cui dicitura, incompleta, contiene al rovescio le lettere IA. Non è ben chiaro di cosa si tratti. Questo secondo tipo di quartari si incontra raramente: direi anzi che è il più raro.

Nei tipi successivi di quartari, come vedremo, a differenza del 2° tipo, si ha la raffigurazione del Grifo al diritto e quella della Croce al rovescio, e cioè la disposizione che ora viene ritenuta consueta, anche se i primi scrittori di monete genovesi del secolo scorso, come per esempio il Gandolfi (11) sostengono che il diritto dovrebbe essere quello dove è raffigurata la Croce.



quartaro 3° tipo
Foto n.4 quartaro 3° tipo

Il quartaro del 3° tipo è quello che si incontra più frequentemente: il C.N.I. ne riporta infatti 18 varianti (numeri da 9 a 26) rispetto ad un massimo di 5-6 per ciascuno degli altri tipi. Anch'io, dal poco materiale che ho esaminato, ho visto come i quartari di questo tipo costituiscano quasi il 60% di tutti quelli esaminati. Il soggetto è costituito al diritto dal Grifo, rivolto come al solito a destra, e al rovescio dalla Croce, con o senza cerchio (lineare o perlinato) che racchiude il soggetto. La leggenda è sempre costituita dalle parole QUARTARO (al diritto) e CVNRADVS (al rovescio), nelle quali ciascuna lettera è separata dalla successiva con segni d'interpunzione di vario tipo: in ordine decrescente di frequenza si trovano punti, anellini, trifogli e crocette, oltre a un paio di casi in cui si hanno, nello stesso esemplare, trifogli e punti. E' sempre presente in alto la crocetta all'inizio della dicitura e le differenze fra i varii esemplari sono spesso costituite dalla diversa foggia e disposizione della coda del Grifo (definita talvolta dal C.N.I. come "serpeggiante") oltre che dalla foggia del Grifo stesso, anche notevolmente diversa da un esemplare all'altro.



quartaro 3° tipo
Foto n.5 quartaro 3° tipo

Il quarto tipo è quello dei misteriosi e rari quartari con la dicitura "TOMAINUS". Come è noto, si tratta di un piccolo gruppo di quartari, piuttosto difficili da reperire, che sono in sostanza simili a quelli del terzo tipo ma nei quali al rovescio in luogo della parola CVNRADVS posta attorno alla Croce si trova l'enigmatica dicitura TOMAINVS.

Non starò a dilungarmi sul fatto che i tentativi di interpretare o spiegare questa parola hanno fatto scorrere i metaforici fiumi di inchiostro e di parole, ma senza risultati convincenti. Ricordo solo la congettura secondo la quale si tratterebbe del nome dello zecchiere ma (a parte il fatto che non si sono trovati finora documenti che possano avvalorare questa tesi) sembra strano che improvvisamente sia stato sostituito col nome di questa persona addirittura il nome di Re Corrado, colui che concesse a Genova di battere moneta e il cui nome compare sulle monete genovesi ininterrottamente per cinquecento anni. In effetti questo mistero (chiamiamolo così) costituisce gran parte del fascino di queste monetine le quali, come ho detto, sono d'altronde parecchio rare. Sarà perché non siamo in molti a raccogliere questo tipo di monete, spesso poco considerate dai collezionisti ai quali sono destinati in genere listini di vendita o cataloghi d'asta, ma vi posso garantire che da più di dieci anni non ho mai visto comparire sul mercato un quartaro del tipo "TOMAINUS". Poca in verità (pur se valgono poche migliaia di lire) anche l'offerta di quartari dei tipi più comuni, specie se ben conservati. Ma dei quartari "TOMAINVS" riparleremo più avanti.



quartaro 4° tipo
Foto n.6 quartaro 4° tipo

Resta da accennare al quinto tipo di quartari, quelli che il C.N.I. definisce (pag. 40) "QUARTARI d'altro tipo e incerti" e che Lunardi (12) ricorda come "altri quartari di difficile classificazione". Si tratta di quartari (il C.N.I. ne riporta tre varianti classificate coi numeri 33, 34 e 35) che indubbiamente debbono essere considerati tali, per la presenza del Grifo sul diritto e della Croce sul rovescio, ma le cui diciture sono assolutamente diverse da quelle solite, anzi sono del tutto incomprensibili. Proprio per questo sono (almeno per me) al pari dei "TOMAINVS", i più affascinanti. Ho esaminato cinque esemplari di questi quartari anomali: uno però, molto interessante, è da considerare piuttosto una contraffazione del quartaro col Castello. Dei quattro col Grifo, uno corrisponde esattamente al n. 34 del C.N.I. ed ha le diciture VNVIAV e AVIANVO, mentre quelle degli altri esemplari sono del tutto differenti, e cioè

VIVEN e CPISV

UICETO e OA . . . E

SCOPV e VEN . . I

Non c'è nessun nesso logico, solo si nota come abbondino le lettere V e I. Troppo poco, evidentemente, per capirci qualcosa. Anche qui, se qualcuno potrà aiutarmi gliene sarò grato. Un accenno infine al grado di rarità relativo fra i vari tipi: dei quartari che ho potuto, esaminare (una settantina in tutto) circa il 60% è costituito da esemplari del 3° tipo, circa il 25% sono quelli del 1° tipo (Castello), i pochi altri rimanenti suddivisi negli altri tre tipi; ancor più raro del "TOMAINVS" risulterebbe il quartaro del 2° tipo (quello con IANVA).



quartaro 5° tipo
Foto n.7 quartaro 5° tipo

Classificazione

La classificazione dei quartari, se con questo termine intendiamo l'operazione che consiste nell'esaminarli al fine di attribuirne l'appartenenza ad uno dei cinque gruppi, non è difficile.

Qualora attorno al Castello sia leggibile in tutto o in parte la dicitura "Q. IANVA" e contemporaneamente al rovescio vi sia la Croce intersecante e in ciascuno dei campi da essa definiti si trovino le lettere (a coppie) CV RA DR EX, si tratta certamente di un quartaro del 1° tipo: non vi sono altre monete genovesi simili con al diritto la semplice dicitura IANVA (a parte la lettera Q che basta da sola) e al rovescio le coppie di lettere suddette. Gli altri tipi di quartari hanno tutti il Grifo, quasi sempre rivolto a destra, e per la loro corretta classificazione basta tener presente quanto segue:

Se a questo punto vogliamo invece andare più a fondo nella classificazione e tentare di stabilire a quale variante (numero) del C.N.I. ci si trova davanti, allora la questione si complica, perché non è facile riuscire a distinguere, in esemplari spesso consumati, decentrati, mal battuti o di forma irregolare, le particolarità delle interpunzioni, dei raggruppamenti di lettere, ecc. Anche in questo caso bisogna ricorrere alla decifrazione per gradi, all'aiuto di uno schizzo o di fotografie che possano, magari variando le condizioni di luce o di illuminazione, mettere in risalto qualche particolare invisibile ad occhio nudo che può diventare la chiave necessaria per risolvere il problema. Ai fini della classificazione ha una certa importanza la forma più o meno serpeggiante della coda del Grifo, ma spesso ci vuol tutta a capire solo che di Grifo si tratta.

Occhio, poi, se nell'esaminare un quartaro sembra di capire che la dicitura sia "QVATAROR". Non è chiaro il perché della trasposizione della prima "R" all'ultimo posto, ma fate attenzione perché probabilmente vi trovate di fronte ad un "TOMAINVS".

Molto utili, infine, per una corretta classificazione, sono altri segni caratteristici, come i trifoglini tra i bracci della Croce e ancor più (sempre che si possano distinguere) i cosiddetti "taglietti" che si trovano talvolta sopra al braccio superiore della Croce stessa.

Ancora qualcosa sui "tomainvs"

Il C.N.I. riporta, alle pagine 39 e 40, sei varianti di quartari del 4° tipo (quelli del "TOMAINVS"), contraddistinte coi numeri da 27 a 32 compreso. Di questi, tre (numeri 27, 31 e 32) appartenevano alla collezione reale di V.E. III, due (numeri 28 e 30) alla collezione Ruggero e uno (n. 29) alla collezione Brambilla. E' facile ipotizzare che la descrizione dei pezzi di cui Vittorio Emanuele III (notoriamente animatore e regista della compilazione del C.N.I.) aveva avuto notizia, ma dei quali non era in possesso, poteva essere anche incompleta o imperfetta. Ora, tranne che per il n. 29 (coll. Brambilla) descrivendo il quale il C.N.I. non accenna né alla presenza né all'assenza del cerchio che racchiude il Grifo al diritto e la Croce al rovescio, si nota che tutte le altre cinque varianti sono riportate come munite di cerchio lineato.

I pochi quartari con TOMAINVS che ho potuto esaminare mi hanno dato invece un quadro statisticamente molto diverso (se di statistica si può parlare in riferimento ai pochi pezzi esaminati) e tale da far nascere degli interrogativi dai quali potrebbe uscire qualcosa di nuovo, sia pure nel ristretto ambito di questo tipo di monetazione.

Dei sette quartari del 4° tipo che ho potuto esaminare, due hanno senz'ombra di dubbio il cerchio lineato sia al diritto che al rovescio, uno presenta un cerchio lineato sottilissimo, appena avvertibile, mentre per gli altri quattro si può affermare che siamo in presenza di esemplari che non hanno cerchio interno. Come si è detto prima, il C.N.I. non accenna per i quartari di questo tipo all'esistenza di esemplari senza cerchio; per contro, nei pezzi che ho visto la maggioranza è proprio senza cerchio.

Ma c'è ancora dell'altro. Esaminando attentamente i suddetti quartari del 4° tipo per accertarmi della presenza, o meno di tracce di cerchio, ho notato in buona parte di essi la presenza, sia al diritto che al rovescio, di quattro punti ben visibili i quali, nel caso di esemplari col cerchio si trovano sul cerchio stesso, costituendone come degli ingrossamenti posti a distanze all'incirca uguali l'una dall'altra. Al rovescio (lato Croce) essi sono di regola in alto, in basso, a destra e a sinistra di chi guarda, mentre al diritto (lato Grifo) essi sono leggermente ruotati rispetto alla posizione precedente. Non ho ancora potuto accertare, come sarebbe stato mio desiderio, se questi quattro punti esistono anche su quartari del 3° tipo. Infine, uno dei quartari "TOMAINVS" presi in esame presenta i quattro punti al rovescio, mentre al diritto ne ha solo due, posti rispettivamente sotto la seconda "A" e la prima "R" della dicitura "QVATAROR". Questi due punti li ho riscontrati anche su di un esemplare normale del 3° tipo, assimilabile (a parte i due punti) a quello descritto dal C.N.I. a pag. 38, n. 12. Potrebbe forse trattarsi di un solo conio per il diritto, usato assieme a due diversi conii per il rovescio, di cui uno per così dire normale ed uno del tipo "TOMAINVS".

A questo punto i lettori si aspetteranno delle deduzioni o delle conclusioni. Mi spiace, non sono in grado di fornirle. La mia ha voluto essere solo una segnalazione, alla quale aggiungo un appello. Se qualcuno ha del materiale (e del tempo disponibile) e vuole darmi una mano, lo ringrazio fin d'ora.

Il Grifo

Due parole sul Grifo (o Grifone), le quali non sono altro che un breve riassunto di quanto già scritto sull'argomento da Pesce (2, 6, 13). Noto fin dall'antichità (è raffigurato su ceramiche mesopotamiche ed egizie del 4° e 3° millennio prima di Cristo) il Grifo è un animale fantastico, mezzo leone e mezzo aquila dotato, secondo le credenze, di forza e potenza soprannaturali ed annoverato fra gli animali della mitologia classica.

Ne parla già lo storico greco Erodoto, mentre Plinio ne fa una descrizione particolareggiata e impressionante: orecchie lunghe, unghie molto grandi e becco ricurvo.

Secondo la simbologia medioevale per alcuni, come Isidoro di Siviglia, il Grifo simboleggia Cristo: potente e re come il leone, forte come l'aquila che sale al cielo. Per altri esso sarebbe anche l'emblema del Papa, perché "...come aquila s'innalza fino al trono di Dio e come leone va per la terra con fortezza e vigore".

L'influenza della raffigurazione del Grifo sui quartari e sul sigillo cittadino è tale che il Castello riprodotto sulle monete genovesi acquista anche il nome di Grifo, vocabolo che continua a lungo ad essere usato anche con questo significato, come avviene per esempio ripetutamente nel "Trattato della Zecca di Genova" manoscritto integralmente riprodotto da Pesce in una delle sue numerosissime pubblicazioni sulla monetazione genovese (13).

Conclusione

Concludendo, il quartaro è indubbiamente la prima moneta genovese che riporti la raffigurazione del Grifo, ed è anche l'unica (con una sola eccezione) nella quale il soggetto sia costituito esclusivamente dal Grifo. L'eccezione è costituita dalla rarissima "Moneta per il Levante", un pezzo d'argento del diametro di 41 mm. e di oltre 27 gr. di peso, battuta nel 1677 (C.N.I. pag. 408 n. 12; Tav. XVI, 17), di cui sono noti tre soli esemplari. In essa al rovescio è riprodotto il Grifo, volto però a sinistra (Foto n. 8).

Il Grifo è presente inoltre in molte altre monete genovesi: per citarne alcune, dai doppi scudi d'argento col Castello alle splendide "venticinque doppie" d'oro, sempre col Castello, fino alla serie cosiddetta di San Giovanni e alle serie d'oro battute negli ultimi anni di vita (1792-1797) della Repubblica genovese oligarchica o dei Dogi, per chiudere con la monetina d'argento da 10 soldi dell'effimera Repubblica Genovese del 1814, la quale può essere considerata (assieme ai sottomultipli da 4 soldi, da 2 soldi e da 4 denari) come l'ultima moneta genovese.

In tutti questi casi però i Grifi (al plurale, perché essi di solito sono due, posti ai lati dello scudo crociato genovese) costituiscono una parte del soggetto, come elementi dello stemma di Genova, ancor oggi - praticamente inalterato - stemma della città.



moneta per il levante
Foto n.8

BIBLIOGRAFIA

  1. Corpus Nummorum Italicorum, Volume III: Liguria, isola di Corsica, Roma 1912.
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Ultimo aggiornamento Ago.2005

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